Fibromialgia, parliamone insieme.

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Fibromialgia, parliamone insieme.

Da qualche anno si è iniziato a parlare con maggior frequenza di fibromialgia, una sindrome che provoca dolore diffuso, indebolimento e stanchezza ingiustificate, e rigidità muscolare. La fibromialgia è una malattia cronica neurologica riconosciuta dall’OMS dal 1992. Secondo lo studio Prevalence of fibromyalgia: a survey in five european countries, ne sono affette oltre 2 milioni di persone in Italia, ma 6 volte su 7 riguarda donne in età giovanile. 

La Fondazione Veronesi scrive che oggi la fibromialgia può comparire a qualsiasi età, ma il picco si colloca tra i 40 e i 60 anni, con importanti ripercussioni sull’attività lavorativa e sul piano socio-affettivo. Si stima che circa il 4% della popolazione ne sarebbe affetta.

La malattia si manifesta al verificarsi di un complessivo abbassamento della soglia del dolore. Accanto al sintomo doloroso, che è predominante, si presentano spesso disturbi vegetativi e funzionali, astenia (stanchezza, debolezza o mancanza di energia), disturbi del sonno (sonno non ristoratore), instabilità dell’umore, ma anche sintomi gastrointestinali e genito urinari, peggioramento delle funzioni cognitive ed altri sintomi meno specifici tra cui cefalea, dolore pelvico cronico, disturbi urinari, disturbi del tono dell’umore, vertigini, tachicardia. 

La diagnosi è prettamente clinica e anamnestica, cioè analizza la storia clinica della paziente, e in generale non ci sono esami bioumorali e strumentali in cui la fibromialgia trovi riscontro. Tuttavia, esistono test clinici, prettamente di competenza medica, che valutano l’indice di diffusione del dolore, la severità dei sintomi, la presenza di tender points (punti dolorosi). 

L’ampio ventaglio di sintomi invalidanti richiede per propria natura un approccio multidisciplinare in grado far fronte, non solo ai sintomi, ma al paziente nella sua interezza, da una prospettiva di presa in cura globale.  Le indicazioni terapeutiche principali sono:

  • Attività motoria moderatamente aerobica associata ad esercizi di stretching ed allungamento. È importantissima! Talvolta è difficile da far capire al paziente perché avverte una stanchezza difficilmente vincibile per affrontare un’attività motoria ma è essenziale passare il messaggio che pian piano questo genere di attività riduce la fatica ed aumenta la resistenza allo sforzo. Ad esempio, yoga, thai chi, 40 minuti di camminata al giorno, nuoto (senza arrivare alla fatica muscolare), ginnastica a corpo libero con carichi e ripetizioni bassi e/o ginnastica in acqua sono attività che vanno consigliate.
  • Mindfulness;
  • Terapia cognitivo-comportamentale per quel che concerne la gestione del dolore, la paura di esso e l’aspetto dell’ansia che quasi sempre caratterizza le persone affette da tale sindrome.

Quando il dolore è cronico e particolarmente invalidante la terapia farmacologica è imprescindibile ed è auspicabile che sia in aggiunta alle indicazioni precedenti. In linea generale non serve assumere antinfiammatori o cortisone poiché non c’è infiammazione. Meglio piuttosto analgesici o farmaci di modulazione del dolore ma, come già detto, si rimanda tutto al parere del medico per una terapia mirata e personalizzata sulla base del caso specifico.

Tra le terapie complementari trovano giustificazione di esistere l’agopuntura per la sua azione neuro-modulatrice e l’osteopatia in quanto è in grado di lavorare su:

  • riequilibrio orto-parasimpatico;
  • rilascio mio-fasciale che si differenzia dal massaggio classico perché non lavora sul muscolo direttamente ma sulle fasce che rivestono e separano i muscoli stessi. Il lavoro diretto sul muscolo, infatti, potrebbe addirittura causare un’esacerbazione dei sintomi in quanto si stresserebbe troppo il tessuto muscolare già in spasmo.
  • tessuti molli periferici che impattano sugli imput nocicettivi;
  • drenaggio linfatico.

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